sabato 23 aprile 2011

RIFLESSIONI DI PINO VANGONE



Giova ricordare come appresso, i cenni storici della Festa della S. Pasqua riportati già nella introduzione alle riflessioni dello scorso anno. Come festa, non con lo stesso significato, era già esistente al tempo di Gesù e si celebrava nella prima domenica dopo il plenilunio successivo all’equinozio di primavera; con essa gli ebrei ricordavano la liberazione, ad opera di Mosè, del popolo di Israele dalla schiavitù degli egiziani. Il termine Pasqua, in greco e in latino “pascha”, proviene dall’aramaico: pasha, che corrisponde all’ebraico pesah, il cui senso generico è “passaggio” “passare oltre”; gli ebrei ricordavano l’attraversamento del Mar Rosso, che costituiva il cambiamento dalla vecchia vita di schiavitù alla nuova vita intrapresa dopo il loro insediamento nella terra promessa avvenuto successivamente ad opera di Giosuè.
Gesù nell’ultima cena, nel festeggiare la Pasqua ebraica, ha annunciato ai discepoli la Sua imminente fine che sarebbe avvenuta per mano dei responsabili del popolo ebraico, aiutati anche dal tradimento di un discepolo che era seduto al suo stesso tavolo.
Quindi Gesù ha voluto innestare la nuova Pasqua in quella ebraica ma il significato, se pur conservato nel solo vocabolo: “passaggio”, assume un valore completamente nuovo perché con tale ricorrenza i cristiani ricordano la morte ma soprattutto la risurrezione di Gesù Cristo, “passaggio” e liberazione da ogni limite e schiavitù.
Per capire poi il senso profondo della Pasqua, risulta utile riportare di seguito alcuni stralci della lettera di San Paolo ai Colossesi ed alcuni passi del vangelo di Giovanni: “Perché piacque a Dio di fare abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di Lui riconciliare a Sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce, cioè per mezzo di Lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli” (lettera di S. Paolo ai Colossesi Cap.1, versett19-20), Gesù stesso afferma: “E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me” (Gv. 12, 32) così pure afferma: “…Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12, 24), quindi, sempre nell’obiettivo di avvicinare l’uomo e tutte le cose visibili ed invisibili a Sè, il Divino si è piegato fino alla morte ed alla morte di croce.
Tale evento non può e non deve essere visto disgiunto dagli eventi della “risurrezione” che, con la frantumazione del limite massimo della natura che è la morte, apre la strada alla nuova realtà ed è proprio il dare credito al connubio tra la morte e risurrezione che regala all’uomo il rapporto nuovo di figliolanza con Dio. L’uomo da tale nuovo rapporto, sente in sé quella Pace che gli fa vedere con chiarezza la sua nuova meta che diventa la persona di Gesù da incontrare e seguire, tutto ciò migliora anche il rapporto dell’uomo con la natura in attesa che l’incontro si realizzi pienamente.
Ancora Paolo nella lettera ai Colossesi indica: “un tempo eravate stranieri e nemici con la mente intenta alle opere cattive che facevate, ora Egli vi ha riconciliati per mezzo della morte del suo corpo di carne, per presentarvi santi, immacolati e irreprensibili al suo cospetto” (Cap.1, versetto 21) Pertanto, la morte in croce di Gesù, che la natura presenta e vede come una sconfitta della Sua missione, illuminata dalla fede della Sua risurrezione, diventa anch’essa attrazione per l’uomo che è alla ricerca della Verità; infatti il crocifisso diventa il simbolo universale degli appartenenti alla nuova religione e punto di attrazione per quelli che, smarriti e confusi, si mettono con sincerità alla ricerca del senso profondo della vita. Il cristiano non si ferma alla croce ma l’attraversa come una porta verso “la risurrezione” e verso la bellezza della “nuova vita”; “la Pace e la Grazia” lo pervadono interiormente e incomincia a vedere le cose con una prospettiva diversa più gioiosa e disponibile ad accettare e concedere il perdono, avvertendo, in maniera chiara, l’appartenenza alla famiglia di Dio che lo libera dai pesi della vita vecchia e lo incentiva ad una limpidezza di condotta guidata dalla voce dello Spirito. Il cristiano acconsente che la stessa Forza vitale, che ha operato la risurrezione di Gesù, operi in lui quella trasformazione che lo rende degno di entrare a pieno titolo in quella realtà nuova proposta dall’evento stesso e che diventa definitiva con la seconda venuta di Gesù alla fine dei tempi.
Più è ardente l’Amore che il cristiano nutre per Gesù più prende sul serio la risurrezione dei morti e la vita eterna che lo attende nell’altra realtà. Aumenta inoltre il proprio convincimento che come è successo per Gesù, che è morto ed è risorto, accadrà anche a lui. Infatti ancora Paolo nella lettera ai cristiani di Colosse annuncia parlando di Gesù: “Egli è anche …, il primogenito di coloro
che risuscitano dai morti”
Che la risurrezione è per tutti quelli che hanno fiducia in Lui è riferito esplicitamente da Gesù che parlava ai suoi discepoli: “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l’avrei detto. Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io. E del luogo dove io vado, voi conoscete la via». Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: “Io sono la via, la verità e la vita”” (capitolo 14 del vangelo di Giovanni). In un’altra occasione parlando con Marta sorella di Lazzaro
Gesù le dice: «…Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà;
chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno…”(Giovanni 11,25)
E’ con tali pensieri che auguro a tutti voi una buona Pasqua di risurrezione.

Nessun commento:

Posta un commento