venerdì 18 giugno 2010

IL FATO






C'era una volta un contadino, di nome Nicola, che era perseguitato da una sfortuna costante. Invariabilmente i raccolti gli andavano male, le bestie morivano nella stalla, il fuoco si appiccava al pagliaio, e cosi di seguito. In tal modo il poveretto era sempre in una miseria nerissima.
" Ma che razza di Fortuna mi avranno assegnato quando sono nato? Mi piacerebbe proprio vederla questa signora Fortuna! " diceva sovente, e un giorno infine fece un fagotto delle sue robe e partì per il vasto mondo in cerca della Fortuna.
Cammina cammina, giunse in una grande foresta, dove vide una bruttissima vecchia addormentata all'ombra di un albero. All'avvicinarsi del giovane, la vecchia si svegliò e guardandolo ghignò orribilmente.
Buon giorno, Nicola! - disse poi. - Sei venuto a fare la mia conoscenza e ora, spero, sarai soddisfatto. Sicuro, sono proprio io, in persona, la tua Fortuna.
A queste parole il poveretto si senti stringere il cuore. Sfido io che tutto gli andava a rovescio, con una simile Fortuna! Tuttavia, poiché era educato, non fece trapelare il suo sconforto e chiese con un sorriso alla megera:
Chi ti ha assegnato a me?
Il Fato - rispose quella e scomparve.
Nicola si mise allora in cerca del Fato. Voleva pregarlo di togliergli una Fortuna simile e assegnargliene una migliore. Un saggio eremita, che abitava nel bosco, gli disse che la dimora del Fato sorgeva in cima alla montagna, e Nicola sali lungo l'erta scoscesa. Giunse infine alla dimora del Fato, un magnifico castello dalle torri d'avorio. Trovò il Fato che sedeva a tavola, e anch'egli si sedette e mangiò di buon appetito.
Dopo il pranzo, tutti si ritirarono per dormire, ma a mezzanotte in punto il castello fu risvegliato da una voce potente che gridava:
Fato! Molte persone sono nate oggi.
Quale Fortuna assegni loro? Allora il Fato apri uno scrigno dorato, ne trasse dei ducati d'oro che sparse sul pavimento, poi disse:
La loro esistenza sarà ricca e felice come è quella mia di oggi.
All'alba del giorno dopo, il castello era scomparso, e al suo posto stava una semplice casetta. Quando fu sera il Fato mangiò, poi si ritirò per dormire.
Ma a mezzanotte in punto la terribile voce dell'altra volta si fece sentire ancora:
Fato, molte anime hanno visto la luce questa notte. Che Fortuna assegni loro? Il Fato apri un cofano d'argento, ne trasse tante monete d'argento e, spargendole sul pavimento, disse:
La loro esistenza sarà mediocre, come è quella mia di oggi.
Il giorno dopo la casetta era scomparsa e al suo posto stava una vecchia stamberga, mezzo diroccata. Il Fato e Nicola erano soli, e per unico pasto ebbero un tozzo di pane nero e stantio, che divisero fraternamente fra loro. A mezzanotte la voce misteriosa si fece sentire ancora, e il Fato spargendo a terra dei sassolini disse:
La loro esistenza sarà misera come quella mia di oggi.
All'alba del giorno dopo la stamberga era ritornata castello, e per la prima volta il Fato rivolse la parola al suo ospite.
Che vuoi da me? Perché sei venuto? gli chiese.
Nicola allora gli raccontò tutte le sue sventure e si lamentò di avere una Fortuna orribile. Ma il Fato con bonomia gli rispose:
Quale io sono nel giorno in cui l'uomo nasce, tale egli sarà per tutta l'esistenza. Questa è la legge e ad essa bisogna ubbidire. Tu sei nato in una notte di povertà come l'ultima che abbiamo passato, e perciò sarai sempre povero. Ma, siccome hai avuto il coraggio di salire fin quassù, voglio aiutarti. Se vuoi migliorare le tue condizioni, sposa Maria, la figlia del mugnaio. La fanciulla è nata in un giorno in cui io abitavo nel castello, e perciò sarà sempre ricca e felice. Tu, sposandola, parteciperai della sua felicità.
Fato, castello e servi sparirono, e Nicola, ritrovatesi solo, tornò al suo paese, dove, secondo quanto gli aveva suggerito il Fato, sposò Maria e visse sempre felice.

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